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Cani sciolti | Parete di solada

Le relazioni della via si trovano qui e nella sezione Topo | vie lunghe | Vallemaggia!

Cani sciolti di Tommaso Lamantia

Il Ticino è un paradiso per chi ama arrampicare, si possono trovare sia itinerari molto interessanti e di

comodo accesso sia grandi pareti che richiedono lunghi avvicinamenti su terreni difficili.

Ho cominciato a frequentare il ticino e le sue pareti molti anni fa, quando muovevo i primi passi su

roccia e ci sono sempre tornato con costanza negli anni a seguire, anche dopo aver visitato altri luoghi

vicini e lontani nelle alpi e nel mondo. In Ticino sembra che il tempo si sia fermato, è tutto cosi bello e

curato e il Lago Maggiore è cosi vicino da sentirlo e vederlo dalla cima di quasi ogni montagna.

Frequentando quest’area non può mancare tra le mani la guida di Glauco Cugini, e consumandola negli

anni sono sempre rimasto attratto dalle grandi pareti e dai progetti particolari raccontati su di essa. Uno

in particolare richiamava la mia attenzione: “Il teorema di solà” una via con difficoltà in libera fino al

7b, l’unica via sulla Parete di Solada. Mi sono sempre chiesto come mai non hanno aperto altri itinerari

sulla parete. Troppo brutta la roccia? Troppo impegnativa?

Il pensiero è continuato a ronzarmi per la testa, ma ero impegnato in altri progetti, come l’apertura di

Alice in Val Verzasca e la chiodatura della falesia Bellavista sul monte San Michele sul Lago

Maggiore insieme ad Andrea Ferrari e Michael Kaplun. Così fino al 2013 non sono riuscito a metterci

la testa e le forze.

In un giorno libero, uno di quei giorni dove il corpo è per terra ma la mente vola, sono salito verso la

parete di Solada per un giro esplorativo e appena ci sono arrivato sotto sono rimasto estasiato dalla sua

verticalità. La parete è alta circa 200 m, lontana quanto basta dalla civiltà per rimanere selvaggia ed

avventurosa, qualità che considero indispensabili per spendere delle giornate in apertura.

Qualche tempo dopo, verso la fine del 2013, sono salito con Michael per iniziare l’avventura, ma dopo

un volo serio (fatto da me appena uscito dal primo tetto che si incontra scalandola) siamo rimasti

lontani per un periodo. L’anno dopo abbiamo riattaccato per continuarla, ma gli impegni di entrambi

non ci permettevano di salire con costanza, così arrivato l’inverno ero salito una volta in solitaria e

un’altra volta con Michael, ma eravamo riusciti ad aprire solo 2 tiri.

Quest’anno, appena finito l’inverno, la voglia di finire il progetto era molto alta, così con altre 3

giornate sono riuscito nell’intento.

Un progetto molto ambizioso, che ha portato ad una linea diretta che finisce nella parte piu alta della

parete, con soste sempre comode e una scalata sicuramente impegnativa. Queste caratteristiche fanno di

“cani sciolti” una via molto interessante.

Per me è stata una grandissima soddisfazione riuscire a finire una linea che avevo soltanto immaginato

la prima volta che ho visto la parete ed è stato un ottimo esercizio in apertura su alte difficoltà.

Grazie a tutti quelli che mi hanno accompagnato negli anni, grazie a Walter per essersi appassionato al

progetto e aver contribuito a completarlo.

Grazie anche a Salomon e Suunto per il supporto.

Cani sciolti, liberi di scegliere

di Walter Polidori

Perché non vieni a finire con me la via che ho iniziato? Così Tommaso Lamantia, per gli amici

semplicemente Tommy, mi ha proposto qualche mese fa di terminare un suo progetto.

A sentire che si trattava di una via di alta difficoltà e “moderna”, ho arricciato un po’ il naso. In fin

dei conti sono un classico e mi piace pensare di aprire con chiodi, martello e protezioni veloci. E

poi non sono uno da alte difficoltà…

Col carattere che ho, non sento la spinta per un progetto se non è partito da me. La parte più

creativa di una apertura, questo è il mio pensiero, è prima di tutto trovare una parete dove aprire e

disegnare nella testa una linea di salita.

Però l’idea mi è ronzata in testa per un pò; perché non provare anche questa esperienza, dico

sempre che non si finisce mai di imparare, questa è una grande occasione. Con Tommy poi

l’affiatamento è buono e ci si diverte.

Senza vedere una foto del posto e della parete, fidandomi del nuovo amico, mi ritrovo il 30

maggio 2015 in Valle Maggia, sullo splendido sentiero che porta a Solada e Sola, due incantevoli

frazioni con baite in pietra che dominano la valle.

Sulle spalle ho un saccone bello pesante, ma ormai mi sento ingaggiato e non vorrei fare altro che

essere qui. La parete si vede già dalla strada principale della Valle Maggia, ma è avvicinandomi ad

essa che mi rendo conto che è esteticamente molto bella. Sono sollevato, perché prima di tutto una

parete mi deve piacere.

Già arrivare qui, in un posto mai visto e così bello, costituisce di per sé un ottimo motivo di visita.

Prati che invitano a distendersi al sole, vecchi borghi di poche case che fanno tornare indietro nel

tempo, gente del posto che saluta incuriosita, il paesaggio è costantemente molto “morbido”. Una

sola parete spezza questa gentilezza, con un salto verticale di un bel colore, che costituisce un

invito e una provocazione per chi ama arrampicare: è la parete di Solada.

Prima di salire alla base della parete, passiamo da Giulio Ferrari, un simpatico svizzero

proprietario di una stupenda baita con vista sulla parete. Suo figlio Christian, con Glauco Cugini,

ha aperto l’unico itinerario presente sulla parete di Solada, “Il teorema di Solà”, nel 2001, una via

moderna di alta difficoltà.

Tommy è già venuto qui alcune volte, iniziando l’apertura in stile moderno, con uso di fix e di

corde fisse.

Non è uno stile tradizionale, ma la roccia spesso compatta non si può proteggere diversamente, e

l’uso delle fisse permette di tornare di volta in volta a continuare il “lavoro”.

Mi trovo impacciato a risalire le fisse, preferirei arrampicare, ma così siamo più veloci. I primi

due tiri sembrano molto belli e logici. Arriviamo sotto il terzo tiro, che Tommy ha aperto

parzialmente, con il Monfro. Si tratta di uno splendido muro arancione con piccole tacche, un

gioiello. Tommy sale per completare il tiro e, con l’aiuto di qualche passo su gancio, la protezione

con qualche chiodo e qualche fix, arriva ad un terrazzino dove organizza la sosta. Grande tiro

questo. Lo raggiungo, ed ora finalmente tocca a me; devo salire un vago diedro liscio dove piazzo

un fix, poi con l’aiuto di un gancio raggiungo una lametta e la successiva fessurina, dove mi posso

sbizzarrire nel proteggermi con friend e chiodi. Riesco ad evitare un tratto erboso con un

traversino ed esco su un terrazzino a destra di uno strapiombo friabile. La roccia qui è da ripulire,

ma alla fine con 3 fix possiamo ritenere sicura la sosta. Nel frattempo si è fatto tardi, salire molto

carichi di materiale non aiuta nella velocità, nonostante il saccone che ci dà una mano.

Scendiamo, e dopo un altro giro da Giulio per una birra, velocemente siamo alla macchina,

pensando già a quando potremo tornare. Ormai sento anche mio il progetto, avere aperto mi dà

forza e determinazione.

L’occasione si presenta già il successivo week-end. Di venerdì pomeriggio saliamo alla baita di

Giulio, sgravati di ogni peso grazie alla sua teleferica, un lusso mai provato prima.

Andiamo direttamente alla parete per salire e lasciare il saccone fino al tiro 2, poi scendiamo a

goderci la serata nella baita ed una bella dormita all’aperto sotto le stelle. Il posto è incantevole e

bucolico, lontano dalla ressa, mi mette in pace con me stesso, dopo una settimana di lavoro che mi

ha rubato l’anima. Si chiacchera senza fretta, dopo una buona cena. Corriamo sempre, senza dare

importanza alle cose semplici e vere; quando ci si ferma nel posto giusto è bello scoprire un

mondo differente e più umano.

Il giorno dopo, di buon’ora, siamo di nuovo alla parete e risaliamo alla sosta 4. Riparto io per il

tiro della “rampa”, un tiro classico ma delicato e da ripulire, dove piazzo un fix e un chiodo, per il

resto mi proteggo a friend. Arrivo ad una buona cengia molto vicino alla cima, non mi sembra

vero.

Il caldo nel frattempo ci ha cotti a puntino. Questo sarebbe stato un week-end da alta quota, ma

aprire è qualcosa che ti entra nell’anima e che crea dipendenza.

Un ultimo tiro dove uniamo le forze, aprendone entrambi una parte, ci porta all’ultima sosta

proprio alla fine della parete, poco a destra del punto culminante, su un magnifico albero. Anche

questo tiro è stato impegnativo, aperto con fix e chiodi, ma sicuramente estetico, giusto a destra

dell’evidente diedro ad arco che arriva in cima.

La via è fatta, bella, logica, in compagnia di un amico, una avventura di 200m, sufficienti a

sentirsi fuori dal mondo e nello stesso tempo parte del mondo, del nostro mondo fatto di cose

essenziali ed inutili.

Torneremo a pulire la via e a cercare di liberarla, ma per ora l’avventura è finita e occorre puntare

ad altri obiettivi.

Siamo cani sciolti, il nome che Tommy aveva già deciso per la via; mi piace, lo condivido perchè

siamo liberi in montagna, liberi di esprimerci come vogliamo, di scegliere le nostre avventure, di

continuare a salire, perché “quando arrivi in cima continua a salire…”.

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